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venerdì 5 dicembre 2014

Mafia Capitale e Tangentopoli non hanno niente in comune. Le dimissioni di Cosentino

A molti mesi dall'ultimo post, ho sentito il bisogno di scrivere un commento dopo aver letto quanto molti iscritti e simpatizzanti del PD hanno manifestato a seguito della pubblicazione della lettera di dimissioni del segretario romano Lionello Cosentino. Devo dire subito di essere molto stupito della solidarietà espressa non tanto per il gesto di Cosentino, da rimarcare solo in un Paese come il nostro desueto alla pratica del passo indietro, quanto dalla mancanza di capacità di analisi della maggioranza di noi di fronte a fatti di inconsueta gravità.
Quanto accaduto a Roma rappresenta il livello più basso raggiunto dalla "politica nella storia repubblicana". Fare paragoni con la "mani pulite" dei primi anni '90 non ha alcun senso e proverò a spiegare perché.
L'inchiesta della Procura di Roma è stata definita con efficacia Mafia Capitale. Cioè un metodo criminale gestito da un'organizzazione malavitosa in grado di infiltrare la macchina amministrativa della Capitale del Paese. E qui sta la prima differenza con la Tangentopoli scoperta dal pool di Milano. Allora la Mafia non era in prima linea, semmai godeva di "favori" da parte della politica, la quale aveva il ruolo del protagonista capace di condizionare imprenditori e imprese che avevano consolidate posizioni di mercato e forti tradizioni legate ai propri territori.
A Roma i criminali, in alcuni casi, noti criminali con radici terroristiche, hanno creato dal nulla una rete di pseudo imprese capaci con il ricatto, la corruzione ed il sostegno mafioso di assoggettare ruoli politici chiave alle loro brame di potere e denaro.
Dunque, mentre negli anni '90 la Politica, quella della migliore classe dirigente espressa dal Paese, tanto è che il Tribunale di Milano ha processato e condannato Politici e Imprenditori di primo livello, era il vero soggetto attivo capace di commettere nella maggior parte dei casi il reato di concussione e di estorsione a danno degli imprenditori coinvolti. Oggi, viceversa, assistiamo all'umiliante assoggettamento all'organizzazione criminale di una masnada di mezze figure di politici incapaci, ignoranti e in lotta tra loro per scalare la carriera politica a qualunque prezzo raggiunta.
Quindi le differenze sono assai profonde se al contrario del passato oggi vediamo politucoli di basso livello sottomettersi al crimine organizzato non per finanziare il loro Partito (reato ovviamente anch'esso odioso ma per qualche verso meno ingiustificabile) ma per finanziare il loro vizio principale: carrierismo politico, dunque potere e soldi.
Questo cancro ha infiltrato trasversalmente i partiti politici, ma sarebbe assai grave e anch'esso in linea con il principio mafioso "tutti colpevoli nessuno colpevole" se il giudizio sugli amministratori del PD coinvolti non fosse di condanna senza se e senza ma. Se i fatti descritti nella circostanziata indagine della Magistratura confermassero quanto oggi sembra di capire, tutto ciò significherebbe che ampi settori del PD romano erano coinvolti o hanno taciuto per convenienza o peggio per vigliaccheria. Personalmente non sono meravigliato. Il PD da tempo è un Partito dove molto spesso anche a livello giovanile si "studia" per fare carriera, oggi segretario di circolo, domani consigliere municipale, poi consigliere comunale e domani chissà!.
Quindi descrivere il gesto di Cosentino come il gesto altruista di un uomo che cerca di smarcare se stesso da quanti si sono resi responsabili di questi misfatti, mi infastidisce e provoca disagio. In altri tempi si sarebbe duramente chiesto conto al segretario politico del partito che avrebbe dovuto spiegare in privato e in pubblico come tutto ciò fosse accaduto a sua insaputa. Essere sprovveduti o imbelli non è una giustificazione sufficiente in politica per chi decide di accettare incarichi di grande responsabilità. Per quanto mi riguarda il gesto di Cosentino e il suo pensionamento volontario anticipato sono il minimo che potesse fare per chiedere scusa a iscritti, simpatizzanti ed elettori della sua gestione quanto meno distratta.
Fabio Bartoli

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