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lunedì 8 marzo 2010

Iran: La cultura in carcere



Resta in carcere Jafar Panahi regista iraniano di fama internazionale arrestato lo scorso 1 Marzo nella sua casa di Tehran con la moglie, la figlia e 15 suoi invitati. Li ha prelevati la polizia politica senza fornire spiegazioni e la sua detenzione è stata confermata dal procuratore della capitale ha genericamente dichiarato che Panahi e indagato per "vari reati" ed ha smentito motivazioni politiche e ragioni legate alla sua professione. In realtà Panahi si è rivelato all'Occidente per i suoi film che lontani dall'essere un manifesto ideologico contro il regime ne criticano gli eccessi e le violenze a partire dalle storie quotidiane dei suoi concittadini alle prese con le contraddizioni del regime di Ahmadi Nejad e descrive il mondo che vorrebbe per sè e per il suo Paese. Panahi la moglie e la figlia erano stati arrestati anche alcuni mesi orsono per essersi recati sulla tomba di Neda la giovane dimostrante uccisa dai guardinai della rivoluzione durante una manifestazione studentesca. Subito rilasciati a Panahi fu impedito, attraverso la negazione del visto, di lasciare l'Iran per presiedere una giuria di un premio cinematografico in India. Tutto ciò mentre il regime inasprisce la repressione dell'informazione libera e anche questa settimana le outorità iraniane hanno chiuso due giornali dell'opposizione: il quotidiano "Etemad" ed i settimanale "Iran Dokht", l'uno per la pubblicazione di una dichiarazione sullo "stato di crisi" dell'Iran dell'ex presidente Khatami, l'altro nato come settimanale femminile si è recentemente trasformato in una rivista che si occupa di politica e cultura.
di Fabio Bartoli

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